Vi posto il mio ultimo articolo sull'argomento. Per chi vuole segure la discussione che ne è seguita e magari contribuirvi inserisco anche l'indirizzo internet.
http://www.investireoggi.it/NonCGI/F...ML/000595.html
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Nei precedenti articoli ho fatto una panoramica sui principali fattori che inquinano l’atmosfera,
e su
quali ne sono le cause. Ricordo che gli inquinanti più pericolosi sono gli idrocarburi incombusti,
in
particolare il benzene che ha effetto cancerogeno, l’anidride solforosa e le polveri sottili.
Questi
sono misurati nelle principali città ed è possibile controllarne l’andamento stagionale ed
annuale.
Ma come abbiamo visto esistono altre sostanze, prodotte dalla combustione o comunque
disperse nell’atmosfera, che sono altrettanto pericolose, anche se più subdole. Si tratta dei
gas cosiddetti "serra", cioè CO2 e metano (ma anche ozono), che possono provocare il
riscaldamento della Terra
con conseguenti cambiamenti del clima. Questo effetto è stato recentemente misurato da
scienziati britannici (vedi mio post nel Caffè) e potrebbe portare ad un aumento della
temperatura della Terra di circa 5,8 gradi nei prossimi 100 anni.
Per limitare le emissioni di CO2 e degli altri gas serra è stato siglato, nel 97 a Kyoto dai
maggiori paesi industrializzati, un accordo che prevedeva la loro riduzione di circa l’8-10%
rispetto ai valori
del 90. Questo accordo non è stato ancora reso operativo da nessun paese, e gli USA
recentemente hanno dichiarato di non essere più intenzionati a ratificarlo.
Per limitare e ridurre l’inquinamento atmosferico sarà necessario agire su più fronti. Infatti
come abbiamo visto i fattori responsabili dell’inquinamento sono diversi. I principali comunque
sono:
- industria
- produzione di energia elettrica
- impianti di riscaldamento
- traffico per trasporto merci
- traffico automobilistico
Alcune azioni sono state intraprese in passato ed hanno prodotto dei miglioramenti su alcuni
fronti.
Ricordo in particolare la sostituzione del carbone con il gasolio o meglio il metano per i
riscaldamenti domestici e per gli usi industriali. Ciò ha portato ad una diminuzione delle polveri
in sospensione nell’atmosfera e soprattutto alla sensibile diminuzione della presenza di anidride
solforosa.
Altro intervento è stata la limitazione delle emissioni allo scarico per le automobili. Questa
normativa che va sotto il nome di Euro x, è ormai al terzo livello, quindi Euro 3, e prevede la
riduzione progressiva dell’emissione di idrocarburi incombusti, ossidi di azoto ed ossido di
carbonio, oltre all’eliminazione del piombo. Per rispettarla si è ricorsi alla benzina cosiddetta
verde
ed all’utilizzo di marmitte catalitiche, in quanto ritenute dall’industria dell’auto l’unica
tecnologia in grado di consentire di rispettare i limiti alle emissioni. In realtà le norme non
prescrivono l’utilizzo della marmitta catalitica, e quindi si potrebbero realizzare motori
intrinsecamente puliti
che non l’utilizzano. Si potrebbe anche diffondere l’uso di carburanti puliti, come benzine
riformulate o G.P.L.. Nulla di tutto ciò è stato fatto.
Sono previste in futuro ulteriori riduzioni dei limiti alle emissioni per gli autoveicoli, e ulteriore
diffusione dell’utilizzo del metano, ma nulla viene fatto per incentivare una riduzione dei
consumi ed un miglioramento del rendimento degli impianti e dei motori.
Per ottenere quindi risultati più incisivi nella riduzione dell’inquinamento, compresa la riduzione
dei gas serra, sarà necessario varare un piano a lungo termine, a livello europeo, che ci porti
in un periodo di tempo prefissato ad una riduzione significativa delle emissioni. E’ evidente che
si
dovranno stabilire prima di tutto degli obiettivi da raggiungere, poi degli strumenti legislativi e
degli incentivi che mettano in condizione di conseguirli. Non si tratta sicuramente di piani a
breve termine, ma si dovrà considerare un arco temporale di 10-15 anni per ottenere risultati
significativi.
Ad esempio consideriamo le auto e ipotizziamo di voler drasticamente ridurre le loro emissioni.
L’attuale parco circolante italiano comprende circa 30 milioni di veicoli. Ipotizzando che sia
saturo e quindi i nuovi veicoli venduti vadano tutti in sostituzione e che si vendano in media
un po’ più di 2 milioni di veicoli l’anno, come negli ultimi anni, non sarà possibile una
sostituzione completa dei
veicoli circolanti prima di 14-15 anni, anche avendo disponibili immediatamente nuovi modelli
non inquinanti. Si potrebbero è vero imporre limitazioni che orientino gli utenti verso un
maggiore uso dei mezzi pubblici, ma non sarà possibile eliminare il traffico veicolare. Infatti si
deve considerare
che:
- i due mezzi di trasporto sono complementari. Per certi spostamenti è preferibile il mezzo
pubblico, per altri quello privato
- le reti pubbliche di trasporto sono inadeguate. Per poter trasportare un maggior numero di
utenti con tempi accettabili ed in condizioni di comfort adeguate si richiederebbero
investimenti ingentissimi (costruzione di reti di metropolitane) che le amministrazioni pubbliche
non sono in grado di affrontare. Inoltre come sappiamo la realizzazione di opere pubbliche in
Italia richiede solitamente tempi biblici
- il trasporto di merci è svolto per l’80% su strada. Anche qui vale quanto detto prima. Ci
vorrebbero investimenti per la costruzione di ferrovie, canali, porti e tempi di realizzazione
accettabili.
Considerazioni analoghe possono essere fatte per quanto riguarda gli impianti di
riscaldamento, la produzione di energia elettrica e l’industria.
Oltre alle limitazioni alle emissioni dovranno essere introdotti incentivi per la riduzione dei
consumi e il risparmio energetico.
Queste misure non dovranno essere solo di tipo tariffario, come la famigerata carbon tax,
che, almeno in Italia, si è tradotta in un ulteriore aumento delle tasse sui carburanti a
beneficio del fisco.
Per la riduzione dei consumi si potrebbe seguire l’esempio dello stato della California: lì, con un
piano varato nel 92 sono state poste notevoli restrizioni alle emissioni ed ai consumi delle
auto.
L’obiettivo finale per le emissioni è che nel 2007, 15 anni dopo il varo del piano, nelle aree
metropolitane della California, possano circolare solo veicoli Z.E.V., cioè ad emissione zero.
Per i consumi sono previste analogamente delle limitazioni. Per ciascun fabbricante che vende
nello stato si considera il consumo medio dell’intera produzione venduta: se supera i limiti
previsti scattano pesanti multe o il divieto di vendere auto. In questo modo tutti i costruttori
hanno introdotto auto piccole e di basso consumo per poter continuare a vendere quelle più
grandi.
Ho lasciato volutamente per ultimo l’argomento più importante: l’utilizzo di energie alternative
e rinnovabili.
Se analizziamo le cause dell’inquinamento atmosferico, indipendentemente da chi lo produce,
ci si rende conto che esso ha una sola causa: l’utilizzo di combustibili di origine fossile:
petrolio, carbone, metano e gas naturali. Se si potesse eliminare il loro uso, l’inquinamento
sarebbe drasticamente ridotto, se non eliminato.
L’utilizzo del petrolio come fonte di energia è inoltre un grosso spreco e un modo molto
stupido di consumarlo. Infatti dal petrolio si originano le materie plastiche ormai
universalmente diffuse in tutti i settori dell’industria e dell’utilizzo quotidiano. E’ quindi molto
meglio utilizzarlo per queste
piuttosto che bruciarlo.
Scartando l’alternativa nucleare, per evidenti motivi, e non essendo ancora disponibili né la
fusione calda né quella fredda, non resta che l’utilizzo di energie derivanti da fonti alternative
e rinnovabili.
Si tratta di energia solare, eolica, marina e da biomasse. Queste fonti di energia hanno la
caratteristica di essere rinnovabili e di non produrre inquinamento. La difficoltà per la
conversione al loro utilizzo è di natura organizzativa e tecnologica, politica e, almeno da noi,
di corretta sensibilizzazione dell’opinione pubblica.
Dal punto di vista organizzativo e ecnologico si tratta di predisporre le fonti e la produzione di
energia, definire come distribuirla, realizzare la relativa rete e convertire gli utilizzatori
(industrie,
auto, riscaldamenti, ecc.). E’ una sfida grandissima per le nostre economie ed industrie,
richiedendo ingenti investimenti, ma la ritengo superabile.
Molto più difficile è la sfida politica. Qui si tratta di superare le resistenze delle compagnie
petrolifere, dei paesi produttori di petrolio e dei governi.
Alcune compagnie, come Shell e BP (guarda caso europee), stanno orientandosi verso questo
tipo di strada, che le porterebbe in futuro a diventare compagnie di energia, ma la strada da
percorrere è ancora lunga.
Per quanto riguarda i paesi produttori, non so in questo momento valutare tutte le
conseguenze politiche, ma potrebbero essere devastanti, e quindi certe strade dovranno
essere percorse con gradualità.
Infine per quanto riguarda gli stati quelli europei avranno sicuramente problemi di bilancio.
Infatti tutte le energie alternative sono più costose dell’energia fossile, almeno nella loro
prima fase di
utilizzo. Quindi se vorranno incentivarle dovranno rinunciare a parte dei loro introiti o
convincere i cittadini che dovranno pagarle di più.
In USA invece i problemi sono altri: è di ieri l’annuncio del presidente Bush della rinuncia al
trattato di Kyoto per la limitazione delle emissioni dei gas serra. Qui evidentemente i
produttori di petrolio e le compagnie di distribuzione sono ancora molto forti, in grado di
influenzare la politica dell’amministrazione e non interessate a rinunciare a petrolio e carbone.
Si deve aggiungere anche
la scarsa sensibilità al problema inquinamento della maggior parte dei cittadini. Infatti, tranne
che in
alcune aree intensamente popolate (le metropoli dell’east coast e le aree urbane della
California) gli USA sono un paese con una bassa densità di popolazione. E’ quindi più difficile
percepire il problema sulla propria pelle (meglio naso). Non a caso lo stato più avanzato
nell’uso delle energie
alternative è proprio la California che è anche il più popolato.
Nei prossimi articoli esaminerò in dettaglio le possibili fonti di energia alternativa, con i loro
vantaggi e svantaggi.
Francesco Calamida
http://www.investireoggi.it/NonCGI/F...ML/000595.html
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Nei precedenti articoli ho fatto una panoramica sui principali fattori che inquinano l’atmosfera,
e su
quali ne sono le cause. Ricordo che gli inquinanti più pericolosi sono gli idrocarburi incombusti,
in
particolare il benzene che ha effetto cancerogeno, l’anidride solforosa e le polveri sottili.
Questi
sono misurati nelle principali città ed è possibile controllarne l’andamento stagionale ed
annuale.
Ma come abbiamo visto esistono altre sostanze, prodotte dalla combustione o comunque
disperse nell’atmosfera, che sono altrettanto pericolose, anche se più subdole. Si tratta dei
gas cosiddetti "serra", cioè CO2 e metano (ma anche ozono), che possono provocare il
riscaldamento della Terra
con conseguenti cambiamenti del clima. Questo effetto è stato recentemente misurato da
scienziati britannici (vedi mio post nel Caffè) e potrebbe portare ad un aumento della
temperatura della Terra di circa 5,8 gradi nei prossimi 100 anni.
Per limitare le emissioni di CO2 e degli altri gas serra è stato siglato, nel 97 a Kyoto dai
maggiori paesi industrializzati, un accordo che prevedeva la loro riduzione di circa l’8-10%
rispetto ai valori
del 90. Questo accordo non è stato ancora reso operativo da nessun paese, e gli USA
recentemente hanno dichiarato di non essere più intenzionati a ratificarlo.
Per limitare e ridurre l’inquinamento atmosferico sarà necessario agire su più fronti. Infatti
come abbiamo visto i fattori responsabili dell’inquinamento sono diversi. I principali comunque
sono:
- industria
- produzione di energia elettrica
- impianti di riscaldamento
- traffico per trasporto merci
- traffico automobilistico
Alcune azioni sono state intraprese in passato ed hanno prodotto dei miglioramenti su alcuni
fronti.
Ricordo in particolare la sostituzione del carbone con il gasolio o meglio il metano per i
riscaldamenti domestici e per gli usi industriali. Ciò ha portato ad una diminuzione delle polveri
in sospensione nell’atmosfera e soprattutto alla sensibile diminuzione della presenza di anidride
solforosa.
Altro intervento è stata la limitazione delle emissioni allo scarico per le automobili. Questa
normativa che va sotto il nome di Euro x, è ormai al terzo livello, quindi Euro 3, e prevede la
riduzione progressiva dell’emissione di idrocarburi incombusti, ossidi di azoto ed ossido di
carbonio, oltre all’eliminazione del piombo. Per rispettarla si è ricorsi alla benzina cosiddetta
verde
ed all’utilizzo di marmitte catalitiche, in quanto ritenute dall’industria dell’auto l’unica
tecnologia in grado di consentire di rispettare i limiti alle emissioni. In realtà le norme non
prescrivono l’utilizzo della marmitta catalitica, e quindi si potrebbero realizzare motori
intrinsecamente puliti
che non l’utilizzano. Si potrebbe anche diffondere l’uso di carburanti puliti, come benzine
riformulate o G.P.L.. Nulla di tutto ciò è stato fatto.
Sono previste in futuro ulteriori riduzioni dei limiti alle emissioni per gli autoveicoli, e ulteriore
diffusione dell’utilizzo del metano, ma nulla viene fatto per incentivare una riduzione dei
consumi ed un miglioramento del rendimento degli impianti e dei motori.
Per ottenere quindi risultati più incisivi nella riduzione dell’inquinamento, compresa la riduzione
dei gas serra, sarà necessario varare un piano a lungo termine, a livello europeo, che ci porti
in un periodo di tempo prefissato ad una riduzione significativa delle emissioni. E’ evidente che
si
dovranno stabilire prima di tutto degli obiettivi da raggiungere, poi degli strumenti legislativi e
degli incentivi che mettano in condizione di conseguirli. Non si tratta sicuramente di piani a
breve termine, ma si dovrà considerare un arco temporale di 10-15 anni per ottenere risultati
significativi.
Ad esempio consideriamo le auto e ipotizziamo di voler drasticamente ridurre le loro emissioni.
L’attuale parco circolante italiano comprende circa 30 milioni di veicoli. Ipotizzando che sia
saturo e quindi i nuovi veicoli venduti vadano tutti in sostituzione e che si vendano in media
un po’ più di 2 milioni di veicoli l’anno, come negli ultimi anni, non sarà possibile una
sostituzione completa dei
veicoli circolanti prima di 14-15 anni, anche avendo disponibili immediatamente nuovi modelli
non inquinanti. Si potrebbero è vero imporre limitazioni che orientino gli utenti verso un
maggiore uso dei mezzi pubblici, ma non sarà possibile eliminare il traffico veicolare. Infatti si
deve considerare
che:
- i due mezzi di trasporto sono complementari. Per certi spostamenti è preferibile il mezzo
pubblico, per altri quello privato
- le reti pubbliche di trasporto sono inadeguate. Per poter trasportare un maggior numero di
utenti con tempi accettabili ed in condizioni di comfort adeguate si richiederebbero
investimenti ingentissimi (costruzione di reti di metropolitane) che le amministrazioni pubbliche
non sono in grado di affrontare. Inoltre come sappiamo la realizzazione di opere pubbliche in
Italia richiede solitamente tempi biblici
- il trasporto di merci è svolto per l’80% su strada. Anche qui vale quanto detto prima. Ci
vorrebbero investimenti per la costruzione di ferrovie, canali, porti e tempi di realizzazione
accettabili.
Considerazioni analoghe possono essere fatte per quanto riguarda gli impianti di
riscaldamento, la produzione di energia elettrica e l’industria.
Oltre alle limitazioni alle emissioni dovranno essere introdotti incentivi per la riduzione dei
consumi e il risparmio energetico.
Queste misure non dovranno essere solo di tipo tariffario, come la famigerata carbon tax,
che, almeno in Italia, si è tradotta in un ulteriore aumento delle tasse sui carburanti a
beneficio del fisco.
Per la riduzione dei consumi si potrebbe seguire l’esempio dello stato della California: lì, con un
piano varato nel 92 sono state poste notevoli restrizioni alle emissioni ed ai consumi delle
auto.
L’obiettivo finale per le emissioni è che nel 2007, 15 anni dopo il varo del piano, nelle aree
metropolitane della California, possano circolare solo veicoli Z.E.V., cioè ad emissione zero.
Per i consumi sono previste analogamente delle limitazioni. Per ciascun fabbricante che vende
nello stato si considera il consumo medio dell’intera produzione venduta: se supera i limiti
previsti scattano pesanti multe o il divieto di vendere auto. In questo modo tutti i costruttori
hanno introdotto auto piccole e di basso consumo per poter continuare a vendere quelle più
grandi.
Ho lasciato volutamente per ultimo l’argomento più importante: l’utilizzo di energie alternative
e rinnovabili.
Se analizziamo le cause dell’inquinamento atmosferico, indipendentemente da chi lo produce,
ci si rende conto che esso ha una sola causa: l’utilizzo di combustibili di origine fossile:
petrolio, carbone, metano e gas naturali. Se si potesse eliminare il loro uso, l’inquinamento
sarebbe drasticamente ridotto, se non eliminato.
L’utilizzo del petrolio come fonte di energia è inoltre un grosso spreco e un modo molto
stupido di consumarlo. Infatti dal petrolio si originano le materie plastiche ormai
universalmente diffuse in tutti i settori dell’industria e dell’utilizzo quotidiano. E’ quindi molto
meglio utilizzarlo per queste
piuttosto che bruciarlo.
Scartando l’alternativa nucleare, per evidenti motivi, e non essendo ancora disponibili né la
fusione calda né quella fredda, non resta che l’utilizzo di energie derivanti da fonti alternative
e rinnovabili.
Si tratta di energia solare, eolica, marina e da biomasse. Queste fonti di energia hanno la
caratteristica di essere rinnovabili e di non produrre inquinamento. La difficoltà per la
conversione al loro utilizzo è di natura organizzativa e tecnologica, politica e, almeno da noi,
di corretta sensibilizzazione dell’opinione pubblica.
Dal punto di vista organizzativo e ecnologico si tratta di predisporre le fonti e la produzione di
energia, definire come distribuirla, realizzare la relativa rete e convertire gli utilizzatori
(industrie,
auto, riscaldamenti, ecc.). E’ una sfida grandissima per le nostre economie ed industrie,
richiedendo ingenti investimenti, ma la ritengo superabile.
Molto più difficile è la sfida politica. Qui si tratta di superare le resistenze delle compagnie
petrolifere, dei paesi produttori di petrolio e dei governi.
Alcune compagnie, come Shell e BP (guarda caso europee), stanno orientandosi verso questo
tipo di strada, che le porterebbe in futuro a diventare compagnie di energia, ma la strada da
percorrere è ancora lunga.
Per quanto riguarda i paesi produttori, non so in questo momento valutare tutte le
conseguenze politiche, ma potrebbero essere devastanti, e quindi certe strade dovranno
essere percorse con gradualità.
Infine per quanto riguarda gli stati quelli europei avranno sicuramente problemi di bilancio.
Infatti tutte le energie alternative sono più costose dell’energia fossile, almeno nella loro
prima fase di
utilizzo. Quindi se vorranno incentivarle dovranno rinunciare a parte dei loro introiti o
convincere i cittadini che dovranno pagarle di più.
In USA invece i problemi sono altri: è di ieri l’annuncio del presidente Bush della rinuncia al
trattato di Kyoto per la limitazione delle emissioni dei gas serra. Qui evidentemente i
produttori di petrolio e le compagnie di distribuzione sono ancora molto forti, in grado di
influenzare la politica dell’amministrazione e non interessate a rinunciare a petrolio e carbone.
Si deve aggiungere anche
la scarsa sensibilità al problema inquinamento della maggior parte dei cittadini. Infatti, tranne
che in
alcune aree intensamente popolate (le metropoli dell’east coast e le aree urbane della
California) gli USA sono un paese con una bassa densità di popolazione. E’ quindi più difficile
percepire il problema sulla propria pelle (meglio naso). Non a caso lo stato più avanzato
nell’uso delle energie
alternative è proprio la California che è anche il più popolato.
Nei prossimi articoli esaminerò in dettaglio le possibili fonti di energia alternativa, con i loro
vantaggi e svantaggi.
Francesco Calamida
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