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Morto il "papÀ" della stratos

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    Pierugo Gobbato



    YouTube - Lancia Stratos Prototipo

    Si è spento all’età di 90 anni Pierugo Gobbato, progettista e manager con una lunga storia nel mondo dell’auto. Nato a Firenze, dopo una lunga carriera nel settore dei motori per veicoli industriali, è stato direttore generale della Ferrari dal 1965 al ‘67. In seguito passò a Torino come direttore generale della Lancia: dalla sua collaborazione con Bertone nacque la Stratos, uno dei modelli leggendari della storia dell’automobile, concepita come arma imbattibile per i rally. Alla sua famiglia rivolgiamo le nostre più sentite condoglianze.

    Come più volte viene ricordato anche nelle pagine di stratosmania.com, la storia di questa straordinaria autovettura si deve in modo particolare a due figure che recitarono un ruolo fondamentale per la riuscita del progetto: da una parte Nuccio Bertone, maestro carrozziere al quale si deve la realizzazione del prototipo dal quale prese forma la vettura definitiva; dall'altra l'ingegner Pierugo Gobbato, Direttore Generale della Lancia, che riuscì a far valere, pur tra mille difficoltà, la Stratos come nuova arma per le competizioni.

    Trovarsi di fronte a questo manager d'altri tempi è davvero emozionante: Gobbato, arzillo ottantacinquenne, esercita ancora il fascino del comando con la stessa autorità e tenacia, con le quali, poco più di trent'anni fa, impose ai vertici Fiat la realizzazione della Stratos.

    "La prego di scusarmi perché è probabile che io faccia un po' di confusione con le date, oppure non ricorderò esattamente tutti i nomi. Però sa, sono passati tanti anni."

    Comincia così la nostra intervista a Pierugo Gobbato che finge di non capire che, al suo cospetto, i più emozionati siamo proprio noi! Di quella pagina così importante della sua vita e di una carriera ormai al culmine del successo, ricorda invece ogni particolare, comprese le date e i nomi dei protagonisti.

    Senza bisogno di ulteriori incitamenti, senza neppure la necessità di porgli alcuna domanda, l'ingegnere comincia il suo racconto, accompagnandoci in un viaggio a ritroso nel tempo, ricco di preziose testimonianze. A volte ci scherza un po' su, e così ci narra di come nel suo destino fosse segnato, fin dalla generazione precedente, il suo futuro rapporto con la casa di Maranello e con il «cavallino rampante».

    "Mio padre abitava a Volpago del Montello, in provincia di Treviso, ed era ufficiale del Genio Aeronautico. Curò il settore tecnico della "Squadriglia" di cui faceva parte uno dei pionieri dell'aviazione italiana: Francesco Baracca. Questi, eroe della prima guerra mondiale, il 30 giugno del 1918, cadde a un tiro di schioppo dalla casa di mio padre. In seguito fui io a prestare servizio presso lo stormo da caccia "Baracca"; poi andai a lavorare in Ferrari dove ritrovai il simbolo che il giovane e ardimentoso asso dell'aviazione romagnolo aveva scelto quale emblema del proprio aereo; infine, nel periodo di permanenza a Milano, abitavo nei pressi di Piazzale Baracca."

    Forse non è il caso di ricordarlo, perché questa romantica storia la conoscono tutti, ma il simbolo che oggi rappresenta il mito automobilistico, quel Cavallino Rampante che incarna la leggenda della Ferrari, era stato l'emblema dell'aereo di Francesco Baracca. Si narra che l'aviatore romagnolo scelse il «cavallino rampante» per due motivi: il primo perché era un valido cavallerizzo, il secondo perché Baracca faceva parte del "Battaglione Aviatori" che dipendeva dalla cavalleria e che aveva come emblema, proprio un cavallino rampante. Cinque anni dopo la sua morte, si disputò a Ravenna una gara automobilistica che fu vinta da Enzo Ferrari. Durante la cerimonia di premiazione, il giovane Enzo conobbe la madre dell'aviatore, la contessa Paolina Biancolli Baracca e questa gli fece dono di una cartolina che ritraeva il figlio accanto al suo aereo: in quella occasione la donna gli chiese di utilizzare quello stemma sulla propria autovettura. Misteriosamente però, Ferrari lo fece solo nove anni più tardi, nel 1932, quando le Alfa Romeo della "Scuderia Ferrari" vennero schierate alla 24 Ore di Spa, in Belgio, e dove, per la prima volta, fece la sua comparsa uno scudetto a fondo giallo con un cavallino rampante nero, simile a quello di Francesco Baracca. Le sue macchine trionfarono e Ferrari non si staccò più dal quell'effige. Queste sono le origini di una leggenda che ha avvolto un intero secolo e prosegue nel terzo millennio.











    Anche Pierugo Gobbato ha dei trascorsi come pilota, partecipò infatti a tre Mille Miglia: nel 1937 con la Balilla Spider, nel '38 con una Lancia Aprilia e nel '39 con la Lancia Aurelia.

    Nato a Firenze il 12 giugno del 1918, Gobbato venne assunto, nel primo dopoguerra, dalla "Motori Marini Carraro" di Milano, dove lavorò per oltre dieci anni adoperandosi allo sviluppo dei «Diesel Veloci», motori considerati rivoluzionari per l'epoca, poiché in grado di raggiungere i 1500 giri/minuto.

    Nel 1955 comincia l'ascesa della sua lunga carriera presso un'altra importante azienda la "Grandi Motori Marini" dove, per un paio d'anni, cura l'evoluzione dei nuovi propulsori. Forte della precedente esperienza, ha il compito di aggiornare una tecnologia obsoleta che limita i grandi Diesel a soli 100 giri/minuto.

    Successivamente passa alla SPA di Torino, fabbrica che produce camion, autobus e trattori. In breve lo stabilimento di Corso Ferrucci si trasferisce in Lungo Stura Lazio, dove vent'anni dopo sorgeranno gli stabilimenti IVECO, ad opera del Gruppo FIAT, che trasferirà la divisione agricola e cingolati a Modena mantenendo nel capoluogo piemontese la produzione dei camion, autobus e motori marini, utilizzati quest'ultimi, per muovere grandi gruppi elettrogeni.

    Alla fine del 1961, l'Ingegner Gobbato torna al vecchio amore, la "Motori Marini Carraro": è chiamato per gestire e ottimizzare la recente e controversa fusione con la OM. É uomo di polso, oltre che di successo: grazie ai preziosi legami ancora presenti nell'azienda milanese, può operare nell'interesse della nuova compagine societaria.

    Dal 1965 al 1967 è Direttore generale della Ferrari, divenendo ben presto non solo un prezioso collaboratore, ma un personale confidente del costruttore modenese.

    Al principio del 1969 si concretizza la partecipazione del Gruppo Fiat in Ferrari: l'avvocato Giovanni Agnelli porta a termine la trattativa che consegnerà il 50% delle azioni a Torino, mentre il Commendatore si impegna a una successiva opzione del 40%, riservando ciò che resta per suo figlio Piero.

    Le pressioni che arrivano dal nuovo socio di Torino non si limitano però alla sola gestione dello stabilimento di Maranello, ma intendono anche privare il "Cavallino" della apprezzata collaborazione dell'ingegner Gobbato, affinché ricopra il ruolo di Direttore Generale della Lancia, marchio ormai di fatto acquisito dal Gruppo e bisognoso di rinnovamento.

    "Le trattative Fiat per il passaggio di proprietà erano durate parecchio tempo e sembravano non andare mai in porto - ricorda Gobbato - perché all'ultimo momento c'era sempre qualche cosa in più che si voleva, da una parte o dall'altra. Credo che a determinare il passaggio definitivo della proprietà azionaria, sia pesata la forte crisi economica che da tempo attanagliava la Lancia."

    Enzo Ferrari accordò il trasferimento di Gobbato che viene dapprima assunto in Fiat, a capo della "Divisione Servizi" di Corso Marconi a Torino, con il compito di coordinare gli approvvigionamenti e supervisionare così all'operato di tutti gli uffici acquisti del Gruppo, in attesa del suo definitivo trasferimento in Lancia.

    Nel periodo di transizione Fiat, Gobbato viene inoltre chiamato a curare i rapporti con le forze produttive delle società nord americane, impegnate in collaborazione con il marchio italiano, nella fabbricazione di macchine agricole, oltre a partecipare, naturalmente, alla valutazione degli impianti e dei macchinari dei tre stabilimenti Lancia, quello di Torino, Chivasso e Bolzano, oltre ad una piccola officina ausiliaria a Omegna.











    Infine, nell'ottobre del 1969, quando il Gruppo Fiat conclude l'acquisizione del marchio Lancia, Gobbato può finalmente ricoprire la sua carica: al principio quella di Vice Direttore Generale, poi nell'aprile dell'anno successivo, occupa il vertice grazie ai pieni poteri conferitogli direttamente dall'avvocato Giovanni Agnelli.

    Appena entrato in Lancia, Gobbato si trova nella scomoda situazione di dover far fronte alle numerose carenze tecniche, all'assoluta assenza di nuovi progetti e ad un organico armai allo stremo delle forze dopo anni di crisi economica.

    "La situazione era drammatica: calo vertiginoso delle vendite, vetture buone nell'impostazione ma ormai vecchie, nessun progetto per il futuro, sia in campo automobilistico che per i veicoli industriali. Insomma, i cassetti erano vuoti. Il lato positivo era la grande capacità e il grande attaccamento all'azienda da parte dei dipendenti, impiegati ed operai e la gran voglia di fare. Nonostante non corresse buon sangue fra i due marchi, l'avvento della Fiat venne vissuto come un salvagente per l'azienda. La cosa che funzionava meglio in Lancia era il Reparto Corse dove, con mezzi ridotti ma grandi capacità, si continuavano a raccogliere allori grazie alla Fulvia, all'epoca temuto concorrente nei rally, schierato nelle sue tante versioni, berlina, coupè e barchetta. Bisognava tener vivo il nome Lancia e capii che questa opportunità mi poteva arrivare continuando in questa specialità. I risultati alimentavano, a corrente alternata, speranze e delusioni, ma le prospettive erano sempre più pessimistiche, specie se rapportate a quanto stava facendo la concorrenza che metteva in campo vetture più moderne e motori sempre più potenti. Nonostante questo, qualche anno più tardi Munari, in virtù anche della trazione anteriore, avrebbe vinto una storica ed innevata edizione del Rally Montecarlo, proprio al volante della obsoleta Fulvia."

    Le corse furono dunque un pretesto che l'ingegner Gobbato seppe sfruttare al meglio per rilanciare il marchio Lancia.

    "Parlai a lungo con Cesare Fiorio, responsabile del Reparto Corse, confrontandomi sulla soluzione da trovare: per mantenerci al vertice della specialità dovevamo, per prima cosa, rispondere alla Renault, che con l'Alpine aveva raggiunto un dominio assoluto nei rally. Ancora per tutto il 1970, vivemmo tra un risultato soddisfacente e uno meno, ma ormai avevamo la certezza che bisognava fare qualcosa. Arrivò l'autunno e con esso anche il Salone dell'auto di Torino, dove ebbe inizio quella che posso definire una svolta, non solo per la partecipazione della Lancia alle corse, ma per l'intera specialità."

    Come in tutte le edizioni i carrozzieri presentavano modelli che eccitavano la fantasia grazie alle famose "dream cars", che generalmente però, esaurivano la loro missione nell'arco della durata del salone. Nuccio Bertone all'interno del suo stand presentò la prima versione di una strana e affascinante vettura, a cui era stato dato un nome ermetico che significa tutto e nulla: Stratos.
    Ultima modifica di MIRKO M3 E30///; 20-02-2009, 23:30.
    TOLLERANZA ZERO SEMPRE! AH AH AH AH

  • #2
    Re: Morto il "papÀ" della stratos

    RIP..
    http://www.spaghettigarage.com/

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    • #3
      Re: Morto il "papÀ" della stratos

      RIP a lui
      vendo pajero wagon 2800 intercooler turbo del 1995

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      • #4
        Re: Morto il "papÀ" della stratos

        pace all'anima sua...grand'uomo...

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        • #5
          Re: Morto il "papÀ" della stratos

          una grande perdita nel campo automobilistico... rip e complimenti per tutto
          Su questo forum ho scoperto che anche un uomo può soffrire di crisi premestruale

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          • #6
            Re: Morto il "papÀ" della stratos

            addio...
            |GOTTALOVETHEFORTYSICSY|
            Stay classy
            "Il mio concetto di tamarro corrisponde esattamente al tuo concetto di stile" ®

            – Vendo cerchi e componenti vari –

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            • #7
              Re: Morto il "papÀ" della stratos

              R.I.P...
              Comunque ci tengo a dire che Rita Levis Montalcini è stata grande sia nel campo della scienza che nel campo della moda. (Cit.)

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