Da un altro forum un racconto bello, triste, se volete, ma significativo, dedicato a tutti coloro, per diletto, per passione, per necessità, sfidano la morte tutti i giorni sulla loro due ruote, come me, in questa fredda giornata di dicembre, sui sanpietrini bagnati.
LuVi
<<Oddone incontrò la Morte in un gelido e soleggiato sabato di gennaio.
Proprio in uno di quei giorni, così rari durante gli inverni padani, nei quali la nebbia sembra uno spauracchio fantastico, irreale, scacciato da un sole sfolgorante. E quel sole si specchia negli infiniti brillanti di brina che ricoprono come un tappeto campagne e sempreverdi. Uno di quei rari giorni in cui spira il vento gelato che ha ripulito l'aria rendendola cristallina al punto che da Milano sembra di poter allungare la mano e di poter toccare tutto l'arco della Prealpi e delle Alpi coperte di neve.
E' il giorno in cui i motociclisti che non hanno messo in letargo la propria compagna a due ruote non riescono a resistere all'irrefrenabile desiderio di far cantare il motore e di correre sulle strade. Andare, partire, lanciarsi e scivolare in quel nitore in compagnia del vento, verso nord, con le montagne e la neve negli occhi, con qualche eccitante lama di gelo a filtrare negli indumenti pesanti, o ad infiltrarsi dal bordo della visiera pur chiusa, o nel buco del guanto pesante. Ma con la virile smorfia di un sorriso goduto poderosamente scolpita sul grugno da duro biker. Ehi! Basta un'ora, due, e si ritorna rigenerati e vaccinati contro altre settimane di nebbia, neve o pioggia. In pace con se stessi e con il mondo.
Oddone fece " pinpincavalin " per scegliere tra la Yamaha FZR 1000 e l'Harley Electra Glide, entrambe coperte da assicurazione in quel periodo. Vinse la Yamaha, ma lui ci pensò su un po' e decise per una cavalcata custom, lenta e ponderata, per godersi il paesaggio senza doversi troppo concentrare sulla guida e su una esagerata attenzione per eventuali tratti di strada ghiacciati. Inoltre avrebbe molto gradito, vista la temperatura nana, il buon riparo del largo parabrezza dell'Harley.
Scaldò bene il motore e partì alle undici del mattino, prendendo la provinciale verso Trezzo d'Adda. Era ben imbottito, come se avesse dovuto andare a sciare, e non sentiva minimamente freddo.
Andava e motociclettava di gusto.
Si sentì gelare quando La incontrò.
Ad un incrocio.
Lì in mezzo al maledetto incrocio con i suoi stupidi ed inutili semafori c'era la maledetta automobile messa di traverso, con la fiancata sfondata. E per terra frammenti di vetro e di plastica ed i pezzi della motocicletta che giaceva distrutta metri più in là. E poi i segni di una impossibile frenata, e quelli di un impatto e di una strisciata sull'asfalto.
Oddone si sentì stringere il cuore come in una morsa, quando vide sul ciglio della strada il corpo coperto dal plaid colorato. Una coperta corta, dalla quale spuntavano due stivaletti neri.
Non vide la gente che si assiepava commentando sottovoce. Vide "Lei", che osservava la forma nascosta sotto la coperta standosene immobile e silenziosa e tenendo piegato il capo nascosto dal cappuccio. Non c'era emozione in quello stare lì, in quell'essere presente. Lei era la Morte. Professionale, distaccata, fredda.
Lentamente Oddone attraversò l'incrocio, evitando i rottami che giacevano a terra e cercando di non guardare nè il morto, nè gli spettatori che guardavano lui che passava con l'Harley, nè la moto che giaceva a terra, per non essere tentato di volerne riconoscere marca e modello, nonostante la distruzione.
Lo spaventava pensare all'elegante e potente moto sportiva che quel miserevole rottame era stato soltanto pochi minuti prima.
La sirena echeggiò alle sue spalle mentre si stava allontanando. Sirena di che, al diavolo! Polizia, inutile ambulanza? Ormai era fatta... era tutto finito. Il solito automobilista con la testa nelle nuvole, che svolta senza guardare, o frena di colpo, o apre la portiera o... o... o! Cento modi per fracassare testa ed ossa a noi che stiamo sulle moto!
Oddone guidava a bassa velocità, sconvolto da ciò che aveva dovuto vedere. La giornata era diventata intollerabilmente fredda, il piacere della guida invernale si era dissolto, il sole e le montagne coperte di neve sembravano appartenere ad un orizzonte che non era più il suo.
Pregò brevemente per quell'uomo, che era stato un motociclista come era lui, fratello in quella passione travolgente che porta a cavalcare quei meravigliosi cavalli d'acciaio, tanto splendidi quanto vulnerabili, tanto esaltanti quanto pericolosi.
Poi, all'improvviso, Oddone si rese conto di non essere solo, a cavallo della sua Electra Glide. Non riuscì a continuare nel suo vagabondare. Dovette fermarsi su uno spiazzo sterrato vicino ad un prato dall'erba secca coperta di brina. Scese di sella e tolse il casco. Non capì se la causa del brivido gelido che gli scivolò lungo le membra fosse il venticello teso che spirava da nord, oppure la figura incappucciata di nero che sedeva sul sellone posteriore dell'Harley, appoggiandosi rilassata all'alto schienale.
- Mi piace, la tua moto... - disse la Morte, ed aveva la voce dolce e profonda di una bella donna.
Una bella donna sulla quale il Tempo non avesse potere alcuno. Una donna placida, matura, sicura del suo fascino e capace di trasmettere tutto ciò attraverso la sua voce.
Niente roba rantolante, parole secche come il crepitare d'ossa, o sussurri malefici. Tutt'altro: una cosa ammaliante.
- Una grande Harley tutta nera e cromata, con un motore come un grande cuore pulsante. Mi si addice, non trovi? - il cappuccio della Signora in Nero si mosse lentamente, come se lei stesse gustando la vista della moto sulla quale stava seduta.
Oddone se ne stava zitto, con il casco tra le mani.
- Spero di non averti spaventato... quando ti ho visto passare su questo splendore non ho saputo resistere alla tentazione di venire a fare un giretto con te. Il mio lavoro l'avevo finito, ormai, ed avevo ed ho un po' di tempo prima del prossimo appuntamento. -
- Ha fatto bene. - dichiarò Oddone, e si sentì molto stupido, sia perchè si era rivolto alla Morte dandole educatamente del "lei", sia perchè era convinto che le sue parole fossero suonate, come dire? un tantino false.
Il cappuccio della Signora vibrò leggermente, proprio come se lei stesse ridendo.
- Grazie. - disse poi. - La tua moto è anche molto comoda. L'hai chiamata Augusta, no? Bel nome. Dà la giusta idea. -
Oddone non sapeva cosa dire. Quello che gli stava succedendo non era vero, non poteva esserlo. Doveva avere preso un colpo di freddo. Forse una cosa grave, per procurargli una simile allucinazione...
- Beh, se è grave, non lo è al punto da richiedere la mia presenza. - disse la Morte. - Ho ancora un po' di tempo libero, ma se ti spavento posso andarmene subito, se vuoi. -
- Non sono proprio a mio agio, per la verità. -
- Anche se sai che non sono qui per te? -
- Beh, insomma, questo mi tranquillizza un po'. - ammise Oddone, e poi corrugò la fronte cullando un pensiero sgradevole.
- Ti stai chiedendo quanto tempo dovrà passare prima che il nostro appuntamento diventi una realtà compiuta... -
- Lei sa leggere nel pensiero? -
- Puoi darmi del tu. Mi hai portato a spasso sulla tua moto, no? -
- Sai leggere nel pensiero? -
- Che importanza ha? Secondo te un motociclista che ne vede un altro morto in mezzo alla strada riesce a non pensare "Chissà quando toccherà a me?" -
- No, certo. - ammise Oddone.
- Vedi? Non occorre leggerti nel pensiero per sapere che stai pensando se anche a te toccherà incontrarmi in quel modo, o su un'automobile, piuttosto che in un letto... Certo preferiresti che non capitasse con la moto, forse per non dover distruggere uno dei tuoi sette gioielli a due ruote. -
- E' proprio così... Però io detesto la psico-logica. Chi la conosce mi può leggere dentro come in un libro aperto. -
- Su, non te la prendere... E' solo che hai paura delle tue paure. Ed io mi sento di fare qualcosa per te, per ricambiare il piacere che mi hai dato portandomi in moto con te. Vorrei aiutarti ad esorcizzarle, le tue paure. Raccontale a me ed a te stesso, e vedrai che starai meglio. Parlami prima di tutte le cose brutte, e poi lascia che la luce del sole le sbiadisca, intanto che parliamo di tutte le sensazioni meravigliose che le motociclette sanno dare. Alla fine me ne potrò andare... Pensa! Potrai anche fare un paragone fra l'emozione che hai provato ad avere ME seduta sulla tua moto, alle tue spalle, e quella che ti dà una donna con grandi seni morbidi appoggiati contro la tua schiena... -
Part 1
LuVi
<<Oddone incontrò la Morte in un gelido e soleggiato sabato di gennaio.
Proprio in uno di quei giorni, così rari durante gli inverni padani, nei quali la nebbia sembra uno spauracchio fantastico, irreale, scacciato da un sole sfolgorante. E quel sole si specchia negli infiniti brillanti di brina che ricoprono come un tappeto campagne e sempreverdi. Uno di quei rari giorni in cui spira il vento gelato che ha ripulito l'aria rendendola cristallina al punto che da Milano sembra di poter allungare la mano e di poter toccare tutto l'arco della Prealpi e delle Alpi coperte di neve.
E' il giorno in cui i motociclisti che non hanno messo in letargo la propria compagna a due ruote non riescono a resistere all'irrefrenabile desiderio di far cantare il motore e di correre sulle strade. Andare, partire, lanciarsi e scivolare in quel nitore in compagnia del vento, verso nord, con le montagne e la neve negli occhi, con qualche eccitante lama di gelo a filtrare negli indumenti pesanti, o ad infiltrarsi dal bordo della visiera pur chiusa, o nel buco del guanto pesante. Ma con la virile smorfia di un sorriso goduto poderosamente scolpita sul grugno da duro biker. Ehi! Basta un'ora, due, e si ritorna rigenerati e vaccinati contro altre settimane di nebbia, neve o pioggia. In pace con se stessi e con il mondo.
Oddone fece " pinpincavalin " per scegliere tra la Yamaha FZR 1000 e l'Harley Electra Glide, entrambe coperte da assicurazione in quel periodo. Vinse la Yamaha, ma lui ci pensò su un po' e decise per una cavalcata custom, lenta e ponderata, per godersi il paesaggio senza doversi troppo concentrare sulla guida e su una esagerata attenzione per eventuali tratti di strada ghiacciati. Inoltre avrebbe molto gradito, vista la temperatura nana, il buon riparo del largo parabrezza dell'Harley.
Scaldò bene il motore e partì alle undici del mattino, prendendo la provinciale verso Trezzo d'Adda. Era ben imbottito, come se avesse dovuto andare a sciare, e non sentiva minimamente freddo.
Andava e motociclettava di gusto.
Si sentì gelare quando La incontrò.
Ad un incrocio.
Lì in mezzo al maledetto incrocio con i suoi stupidi ed inutili semafori c'era la maledetta automobile messa di traverso, con la fiancata sfondata. E per terra frammenti di vetro e di plastica ed i pezzi della motocicletta che giaceva distrutta metri più in là. E poi i segni di una impossibile frenata, e quelli di un impatto e di una strisciata sull'asfalto.
Oddone si sentì stringere il cuore come in una morsa, quando vide sul ciglio della strada il corpo coperto dal plaid colorato. Una coperta corta, dalla quale spuntavano due stivaletti neri.
Non vide la gente che si assiepava commentando sottovoce. Vide "Lei", che osservava la forma nascosta sotto la coperta standosene immobile e silenziosa e tenendo piegato il capo nascosto dal cappuccio. Non c'era emozione in quello stare lì, in quell'essere presente. Lei era la Morte. Professionale, distaccata, fredda.
Lentamente Oddone attraversò l'incrocio, evitando i rottami che giacevano a terra e cercando di non guardare nè il morto, nè gli spettatori che guardavano lui che passava con l'Harley, nè la moto che giaceva a terra, per non essere tentato di volerne riconoscere marca e modello, nonostante la distruzione.
Lo spaventava pensare all'elegante e potente moto sportiva che quel miserevole rottame era stato soltanto pochi minuti prima.
La sirena echeggiò alle sue spalle mentre si stava allontanando. Sirena di che, al diavolo! Polizia, inutile ambulanza? Ormai era fatta... era tutto finito. Il solito automobilista con la testa nelle nuvole, che svolta senza guardare, o frena di colpo, o apre la portiera o... o... o! Cento modi per fracassare testa ed ossa a noi che stiamo sulle moto!
Oddone guidava a bassa velocità, sconvolto da ciò che aveva dovuto vedere. La giornata era diventata intollerabilmente fredda, il piacere della guida invernale si era dissolto, il sole e le montagne coperte di neve sembravano appartenere ad un orizzonte che non era più il suo.
Pregò brevemente per quell'uomo, che era stato un motociclista come era lui, fratello in quella passione travolgente che porta a cavalcare quei meravigliosi cavalli d'acciaio, tanto splendidi quanto vulnerabili, tanto esaltanti quanto pericolosi.
Poi, all'improvviso, Oddone si rese conto di non essere solo, a cavallo della sua Electra Glide. Non riuscì a continuare nel suo vagabondare. Dovette fermarsi su uno spiazzo sterrato vicino ad un prato dall'erba secca coperta di brina. Scese di sella e tolse il casco. Non capì se la causa del brivido gelido che gli scivolò lungo le membra fosse il venticello teso che spirava da nord, oppure la figura incappucciata di nero che sedeva sul sellone posteriore dell'Harley, appoggiandosi rilassata all'alto schienale.
- Mi piace, la tua moto... - disse la Morte, ed aveva la voce dolce e profonda di una bella donna.
Una bella donna sulla quale il Tempo non avesse potere alcuno. Una donna placida, matura, sicura del suo fascino e capace di trasmettere tutto ciò attraverso la sua voce.
Niente roba rantolante, parole secche come il crepitare d'ossa, o sussurri malefici. Tutt'altro: una cosa ammaliante.
- Una grande Harley tutta nera e cromata, con un motore come un grande cuore pulsante. Mi si addice, non trovi? - il cappuccio della Signora in Nero si mosse lentamente, come se lei stesse gustando la vista della moto sulla quale stava seduta.
Oddone se ne stava zitto, con il casco tra le mani.
- Spero di non averti spaventato... quando ti ho visto passare su questo splendore non ho saputo resistere alla tentazione di venire a fare un giretto con te. Il mio lavoro l'avevo finito, ormai, ed avevo ed ho un po' di tempo prima del prossimo appuntamento. -
- Ha fatto bene. - dichiarò Oddone, e si sentì molto stupido, sia perchè si era rivolto alla Morte dandole educatamente del "lei", sia perchè era convinto che le sue parole fossero suonate, come dire? un tantino false.
Il cappuccio della Signora vibrò leggermente, proprio come se lei stesse ridendo.
- Grazie. - disse poi. - La tua moto è anche molto comoda. L'hai chiamata Augusta, no? Bel nome. Dà la giusta idea. -
Oddone non sapeva cosa dire. Quello che gli stava succedendo non era vero, non poteva esserlo. Doveva avere preso un colpo di freddo. Forse una cosa grave, per procurargli una simile allucinazione...
- Beh, se è grave, non lo è al punto da richiedere la mia presenza. - disse la Morte. - Ho ancora un po' di tempo libero, ma se ti spavento posso andarmene subito, se vuoi. -
- Non sono proprio a mio agio, per la verità. -
- Anche se sai che non sono qui per te? -
- Beh, insomma, questo mi tranquillizza un po'. - ammise Oddone, e poi corrugò la fronte cullando un pensiero sgradevole.
- Ti stai chiedendo quanto tempo dovrà passare prima che il nostro appuntamento diventi una realtà compiuta... -
- Lei sa leggere nel pensiero? -
- Puoi darmi del tu. Mi hai portato a spasso sulla tua moto, no? -
- Sai leggere nel pensiero? -
- Che importanza ha? Secondo te un motociclista che ne vede un altro morto in mezzo alla strada riesce a non pensare "Chissà quando toccherà a me?" -
- No, certo. - ammise Oddone.
- Vedi? Non occorre leggerti nel pensiero per sapere che stai pensando se anche a te toccherà incontrarmi in quel modo, o su un'automobile, piuttosto che in un letto... Certo preferiresti che non capitasse con la moto, forse per non dover distruggere uno dei tuoi sette gioielli a due ruote. -
- E' proprio così... Però io detesto la psico-logica. Chi la conosce mi può leggere dentro come in un libro aperto. -
- Su, non te la prendere... E' solo che hai paura delle tue paure. Ed io mi sento di fare qualcosa per te, per ricambiare il piacere che mi hai dato portandomi in moto con te. Vorrei aiutarti ad esorcizzarle, le tue paure. Raccontale a me ed a te stesso, e vedrai che starai meglio. Parlami prima di tutte le cose brutte, e poi lascia che la luce del sole le sbiadisca, intanto che parliamo di tutte le sensazioni meravigliose che le motociclette sanno dare. Alla fine me ne potrò andare... Pensa! Potrai anche fare un paragone fra l'emozione che hai provato ad avere ME seduta sulla tua moto, alle tue spalle, e quella che ti dà una donna con grandi seni morbidi appoggiati contro la tua schiena... -
Part 1
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