I TEDESCHI, non gli americani, potrebbero agguantare l’auto italiana cominciando dai suoi nomi nobili: Ferrari, Alfa Romeo, Maserati. Vecchio sogno tedesco: neutralizzare quello che da decenni, per creatività e inventiva (anche se non per affidabilità), è stato un concorrente temibile sul suolo europeo. Con la moneta unica il sistema Germania si è messo al riparo dalle svalutazioni competitive della lira. Mettendo un piede (o due?) nella Fiat, il problema sarebbe risolto in modo definitivo. Un piano ambizioso, nello spirito del Napoleone a quattro ruote, Ferdinand Piech, l’uomo che ha guidato la Volkswagen per dieci anni facendone un giocatore globale, trasformandola da fabbrica di maggiolini, maggioloni e solide utilitarie in un gruppo aggressivo, sempre pronto a nuove acquisizioni.
Un portavoce della Volkswagen ha confermato ieri l’esistenza di trattative «per una cooperazione tecnica» fra l’Audi (uno dei marchi del gruppo di Wolfsburg) e la Maserati. Stessa, laconica conferma da parte del marchio del tridente, che ha aggiunto un aggettivo in più alla parola cooperazione: oltre che «tecnica», anche «commerciale».
Insomma, c’è materiale per avvalorare lo schema anticipato da “Automotive News": la Volkswagen entrerebbe col 49% nella nuova società che raggrupperebbe Alfa Romeo, Maserati e Ferrari al di fuori di Fiat Auto. L’intesa fra quest’ultima e la General Motors proseguirebbe nel settore motori. Ma a quel punto, c’è da chiedersi se Gm accetterebbe questa situazione. L’ipotesi tedesca, di fatto, annulla quella americana. E rimette in discussione il destino di 300 mila lavoratori, indotto compreso. Ora i fili delle decisioni stanno in mano al nuovo capo del gruppo di Wolfsburg, Bernd Pischetsrieder, ex numero uno della Bmw. Il quale ha un problema: deve tenere insieme l’eredità ricevuta dal suo predecessore, Ferdinand Piech, uomo dalle visioni grandiose ma un po’ megalomani.
Volkswagen, infatti, contiene ben otto marchi: oltre a quello che dà il nome al gruppo, che ha conquistato il mondo con la Golf, ci sono Audi, Skoda, Seat; e poi, “brand" di lusso come Lamborghini, Bentley e Bugatti. Il sogno di Piech, mai veramente realizzato, era quello di sfondare nell’auto di lusso. Pischetsrieder ha annunciato un ritorno alle radici: più concentrazione sui modelli principali, più auto “del popolo" di buona, solida qualità. Audi proprio ieri ha annunciato un piano di investimenti: 11,4 milioni di euro in 5 anni.
Come entra, in questo schema, un’avventura italiana? Per quanto riguarda Alfa e Ferrari, alla grande: VW si aggiudicherebbe (sia pure al 49%) una casa vera, che produce pezzi di vocazione sportiva, e la regina delle corse e delle auto di superlusso. Ancora la strategia di Piech, dunque. Andare oltre, però, sarebbe più complicato. Perché se Wolfsburg estenderà i propri appetiti anche alla produzione di massa Fiat, dovrà vedersela innanzi tutto con l’antitrust europeo, col quale ha già avuto più di un problema. E poi, dovrà risolvere il rebus di come tenere nello stesso sacco, senza che si sbranino, due marchi come WV e Fiat, entrambi a vocazione popolare.
Il fatturato del gruppo tedesco, il primo in patria (30,9% del mercato), con 5 milioni di auto vendute è solido. La crisi ha però colpito anche in Germania. L’obiettivo di vendere 6 milioni di auto nel 2001 non è stato raggiunto. L’utile netto è stato pur sempre di 2,9 miliardi di euro, ma la casa col lupo sul castello arranca di fronte alla concorrenza francese e giapponese. La tentazione-Fiat va contro la filosofia di Pischetsrieder: consolidare. Ma nel mondo dell’auto, o si mangia o si viene mangiati
Un portavoce della Volkswagen ha confermato ieri l’esistenza di trattative «per una cooperazione tecnica» fra l’Audi (uno dei marchi del gruppo di Wolfsburg) e la Maserati. Stessa, laconica conferma da parte del marchio del tridente, che ha aggiunto un aggettivo in più alla parola cooperazione: oltre che «tecnica», anche «commerciale».
Insomma, c’è materiale per avvalorare lo schema anticipato da “Automotive News": la Volkswagen entrerebbe col 49% nella nuova società che raggrupperebbe Alfa Romeo, Maserati e Ferrari al di fuori di Fiat Auto. L’intesa fra quest’ultima e la General Motors proseguirebbe nel settore motori. Ma a quel punto, c’è da chiedersi se Gm accetterebbe questa situazione. L’ipotesi tedesca, di fatto, annulla quella americana. E rimette in discussione il destino di 300 mila lavoratori, indotto compreso. Ora i fili delle decisioni stanno in mano al nuovo capo del gruppo di Wolfsburg, Bernd Pischetsrieder, ex numero uno della Bmw. Il quale ha un problema: deve tenere insieme l’eredità ricevuta dal suo predecessore, Ferdinand Piech, uomo dalle visioni grandiose ma un po’ megalomani.
Volkswagen, infatti, contiene ben otto marchi: oltre a quello che dà il nome al gruppo, che ha conquistato il mondo con la Golf, ci sono Audi, Skoda, Seat; e poi, “brand" di lusso come Lamborghini, Bentley e Bugatti. Il sogno di Piech, mai veramente realizzato, era quello di sfondare nell’auto di lusso. Pischetsrieder ha annunciato un ritorno alle radici: più concentrazione sui modelli principali, più auto “del popolo" di buona, solida qualità. Audi proprio ieri ha annunciato un piano di investimenti: 11,4 milioni di euro in 5 anni.
Come entra, in questo schema, un’avventura italiana? Per quanto riguarda Alfa e Ferrari, alla grande: VW si aggiudicherebbe (sia pure al 49%) una casa vera, che produce pezzi di vocazione sportiva, e la regina delle corse e delle auto di superlusso. Ancora la strategia di Piech, dunque. Andare oltre, però, sarebbe più complicato. Perché se Wolfsburg estenderà i propri appetiti anche alla produzione di massa Fiat, dovrà vedersela innanzi tutto con l’antitrust europeo, col quale ha già avuto più di un problema. E poi, dovrà risolvere il rebus di come tenere nello stesso sacco, senza che si sbranino, due marchi come WV e Fiat, entrambi a vocazione popolare.
Il fatturato del gruppo tedesco, il primo in patria (30,9% del mercato), con 5 milioni di auto vendute è solido. La crisi ha però colpito anche in Germania. L’obiettivo di vendere 6 milioni di auto nel 2001 non è stato raggiunto. L’utile netto è stato pur sempre di 2,9 miliardi di euro, ma la casa col lupo sul castello arranca di fronte alla concorrenza francese e giapponese. La tentazione-Fiat va contro la filosofia di Pischetsrieder: consolidare. Ma nel mondo dell’auto, o si mangia o si viene mangiati
Commenta