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AGCOM, può farvi chiudere internet

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    http://punto-informatico.it/2799807/...ella-rete.aspx

    Si scrive AGCOM, si pronuncia sceriffo della Rete?

    di Guido Scorza - Il decreto Romani, nella sua attuale formulazione, consegna all'Autorità poteri sproporzionati. All'AGCOM si affidano anche armi in materia di diritto d'autore, disconnessioni comprese

    Roma - Sullo schema di decreto legislativo con il quale il Governo si accinge a dare attuazione nel nostro Paese alla direttiva europea sui servizi media audiovisivi si è già detto e scritto molto. È fuor di dubbio che si tratti di un'iniziativa legislativa delicata ed i cui effetti possono trascendere quelli sin qui tratteggiati perché, in buona sostanza, attraverso essa si stanno scrivendo le regole destinate a disciplinare il sistema media italiano dei prossimi anni.
    C'è, tuttavia, un aspetto dello schema di decreto che merita, forse, di essere approfondito più di quanto non sia sin qui stato fatto. Si tratta dell'enorme potere sui contenuti che circoleranno in Rete che il decreto legislativo - poco importa se in modo consapevole o inconsapevole - attribuisce all'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.
    Ma andiamo con ordine e proviamo a vedere quali sono i principali tra questi poteri e quali le perplessità che tali attribuzioni sollevano.

    L'art. 3, in materia di trasmissioni transfrontaliere, innanzitutto, riconosce all'AGCOM il potere di sospendere a titolo provvisorio o definitivo la ricezione o ritrasmissione di "servizi media audiovisivi" e, quindi - complice l'ambiguità ed ampiezza di tale definizione declinata all'art. 4 - di un'ampia gamma di contenuti che vanno da quelli irradiati via IPTV sino al videoblog o al canale su YouTube o ad un'intera piattaforma di aggregazione di contenuti audiovisivi realizzati e pubblicati da terzi (UGC).
    L'AGCOM, in forza di quanto disposto dal comma 8 dell'art. 3, per ottenere il rispetto di tali provvedimenti potrà persino ordinare "al fornitore di servizi interattivi associati o di servizi di accesso condizionato o all'operatore di rete o di servizi sulla cui piattaforma o infrastruttura sono veicolati programmi, di adottare ogni misura necessaria ad inibire la diffusione di tali programmi o cataloghi al pubblico italiano" dietro "minaccia" in caso di mancato adempimento di tale ordine, di sanzioni, a carico dei provider, che potranno spingersi sino a 150 mila euro.

    Tali provvedimenti potranno, tra gli altri casi, essere adottati anche per violazione della disciplina in materia di obbligo di rettifica destinata ad essere applicata anche ai contenuti informativi online nonché - ed è forse uno degli aspetti più inquietanti - alle violazioni della disciplina in materia di diritto d'autore.
    In altre parole, dunque, il Decreto Romani attribuisce all'AGCOM, poteri dei quali, sin qui, si è dubitato disponga persino l'autorità giudiziaria.

    La vicenda The Pirate Bay, il più recente caso FAPAV-Telecom o, piuttosto, il confronto acceso tra Governo e Rete a margine dell'episodio di aggressione del Premier a Milano, sono tutte questioni che, se il c.d. Decreto Romani fosse già stato in vigore, avrebbero potuto essere risolte senza scomodare l'autorità giudiziaria e sulla base di un semplice intervento dell'AGCOM - magari richiesto dall'Esecutivo o dai titolari dei diritti - con buona pace di ogni diritto alla difesa e, soprattutto, ad un procedimento giurisdizionale.
    Si tratta di un aspetto che non può lasciare indifferenti in quanto l'AGCOM è, evidentemente, un soggetto privo di natura giurisdizionale autorizzato ad adottare i citati provvedimenti senza neppure l'obbligo di sentire gli interessati.

    Se a questo si aggiunge - e si tratta solo di una constatazione senza alcuna finalità polemica - che i membri dell'Autorità sono nominati dal Parlamento mentre il suo presidente è designato dal Capo del Governo, è difficile condividere la scelta compiuta con il Decreto Romani e non essere preoccupati per il futuro della libertà di informazione in Rete.

    Si tratta, peraltro, di un approccio difficilmente compatibile con i principi, di recente, sanciti dal Parlamento Europeo, in sede di varo del c.d. Pacchetto Telecom: in quella sede, infatti, è stato previsto che qualunque provvedimento che restringa l'accesso a Internet può essere imposto solo se ritenuto "appropriato, proporzionato e necessario nel contesto di una società democratica" e a condizione che, "nel rispetto del principio della presunzione d'innocenza e del diritto alla privacy", sia garantita "una procedura preliminare equa ed imparziale, compresi il diritto della persona o delle persone interessate di essere ascoltate" ed "il diritto ad un controllo giurisdizionale efficace e tempestivo".

    Ci sarebbe già abbastanza di cui preoccuparsi. Il Governo, tuttavia, pare intenzionato ad andare oltre e, quindi, attraverso la previsione di cui al terzo comma dell'art. 6, dopo aver ribadito che la disciplina sul diritto d'autore trova, naturalmente, applicazione anche in relazione ai contenuti media audiovisivi, attribuisce, ancora una volta all'AGCOM, il potere di emanare "le disposizioni regolamentari necessarie per rendere effettiva l'osservanza dei limiti e divieti di cui al presente articolo". Tenuto conto, tuttavia, che all'art. 6, in sostanza, si richiama l'intera disciplina sul diritto d'autore almeno nella parte rilevante per la fornitura di servizi media audiovisivi, il Governo di fatto si avvia ad attribuire all'AGCOM una sorta di delega in bianco in materia di enforcement dei diritti d'autore in relazione all'enorme e sconfinato campo rappresentato da tutti i nuovi servizi audiovisivi.

    Attraverso una circolare o, piuttosto, un regolamento, AGCOM domani potrebbe importare in Italia la soluzione HADOPI e, in ipotesi, andare anche oltre, stabilendo che essa stessa può ordinare ai provider - così come peraltro già previsto in tema di trasmissioni transfrontaliere - di rendere inaccessibili talune piattaforme di comunicazione o, perché no, di non fornire risorse di connettività a taluni utenti. Certo, sarebbe un approccio contrario a quello delineato nel Pacchetto Telecom in sede europea ma la conformità al framework comunitario non sembra essere stata la prima preoccupazione di chi ha scritto il decreto.

    A prescindere, tuttavia, dai contenuti e dai poteri attribuiti ad un'autorità amministrativa ancorché indipendente o semi-indipendente - come, una volta, Giuliano Amato ebbe a definire le Autorità indipendenti i cui membri sono, tuttavia, espressione del potere politico e/o del Governo - ciò che appare inaccettabile è il modo in cui il Governo - ancora una volta sottraendosi al dibattito parlamentare - stia per varare un insieme di norme attraverso le quali risolverà talune delle più complesse questioni aperte del diritto dell'Internet. Mentre, infatti, per il tramite del Ministro Maroni, gli operatori vengono invitati a sedere ad un tavolo allo scopo di valutare la possibilità di pervenire a soluzioni condivise e auspicabilmente autodisciplinari a proposito di eventuali contenuti illeciti resi disponibili online; mentre i giudici sono chiamati a pronunciarsi sulla sussistenza o meno di una responsabilità giuridica di chi si limita a pubblicare contenuti audiovisivi prodotti da terzi per i contenuti medesimi come sta accadendo nel caso Mediaset c. YouTube e mentre, infine, gli stessi giudici sono reiteratamente richiesti di decidere se possa o meno avere cittadinanza nell'Ordinamento italiano un provvedimento attraverso il quale si ordina ad un provider di inibire l'accesso ad un determinato contenuto, il Governo entra a gamba tesa su tutte queste questioni, svuotando, di fatto, di contenuto i dibattiti e le valutazioni in corso.

    L'AGCOM potrebbe essere destinata a divenire l'arbitro dei contenuti - almeno se audiovisivi - che potranno circolare in Rete, tutti i soggetti rientranti nell'ampia definizione di "fornitori di servizi media audiovisivi" saranno chiamati a rispondere, anche giuridicamente, dei contenuti comunque pubblicati. Infine potrebbe essere la stessa AGCOM a ordinare ai provider proprio di rendere inaccessibile un determinato contenuto o, magari, un'intera piattaforma di condivisione di contenuti audiovisivi.

    È una Rete diversa quella che ci aspetta, ed è una Rete nella quale ad un'Autorità amministrativa che sin qui - almeno nelle vicende in cui era in gioco la libertà dell'informazione - ha fatto molto ma non abbastanza, si affida il compito di fare da camera di compensazione di interessi contrapposti e, sin qui, spesso risultati difficilmente componibili se non a seguito di decisioni giurisdizionali.

    Si scrive AGCOM ma si legge sceriffo della Rete. Ed è uno sceriffo che, se il decreto Romani entrerà in vigore nella sua attuale formulazione, avrà bisogno di un forte in bocca al lupo da parte di tutti: nel ruolo che l'attende - considerata la sua complessità - è più facile sbagliare che far bene.

    Guido Scorza
    Presidente Istituto per le politiche dell'innovazione
    http://www.casaportale.com/public/up...io_ditalia.pdf

    Spiacenti ---- è un moderatore/amministratore e non ti è consentito ignorarlo.
    ok, ma per ignorare solo al parte utonto ? quella che continua a scriver un mare di caxxate ?

  • #2
    Re: AGCOM, può farvi chiudere internet

    Il curioso caso della nonna del file sharing
    A una donna statunitense viene tagliata la connessione perché colpevole di aver scaricato illegalmente 18 film. Nessun avviso era stato spedito dal provider. Ma soprattutto, nessuna pellicola era stata racimolata a mezzo P2P

    Roma - Cathi Cat Paradiso sembra una tranquilla nonna di 53 anni, invece è una fedele adepta del file sharing illecito. Anzi, no. Cathi Cat Paradiso ama dipingere nella sua dimora in Colorado e non scaricherebbe mai un film o un disco senza pagare. Non si tratta di schizofrenia da manuale, ma di due reali Cathi Cat Paradiso. Una è la rappresentazione di chi la conosce bene, una è l'immagine che ha di lei il suo fornitore di connettività.

    Spiegando meglio, la donna statunitense era entrata a far parte della lista nera della grande industria del cinema nell'ottobre scorso. Il suo indirizzo IP era associato a una serie di colpi a mezzo P2P, dal furto di Zombieland a quello di Harry Potter (uno dei tanti, è uguale), fino a passare per South Park.

    All'industria ci sarebbe voluto qualche mese per decidere il da farsi, il tempo di far lievitare il conto di Cat Paradiso: 18 film, 18 distinte violazioni del diritto d'autore. Quindi, alla metà di gennaio, l'industria del cinema avrebbe contattato Qwest Communications, l'ISP che forniva la connettività alla signora Paradiso. Risultato? Cat è stata tagliata fuori dalla Rete.
    E senza alcun preavviso, almeno stando a quanto dichiarato dalla donna. Per di più, il provider ha sottolineato come il servizio sarebbe stato terminato definitivamente alla prossima violazione del diritto d'autore. Solo che Cathi Cat Paradiso era fermamente convinta di non aver scaricato illegalmente nemmeno un minuto di pellicola.

    Ma i responsabili di Qwest Communications hanno insistito, suggerendole l'inutilità di rivolgersi ad altri provider. Questi avrebbero avuto il suo nome in archivio, come se fosse schedata quale nemica giurata del copyright. E Cathi Cat Paradiso si è rivolta ad un avvocato, all'industria stessa, convinta di non aver fatto alcunché di male.

    E infatti non aveva fatto nulla di male. Il caso ha attirato l'attenzione dei giornalisti di CNET.com, che hanno fatto pressioni su Qwest, affinché si eseguisse un'indagine tecnica approfondita. Il risultato? La rete non era sotto il controllo della donna, il reato era opera di malintenzionati terzi. Alla fine, il servizio da parte di Qwest è stato ripristinato.

    Tutto bene quello che finisce bene, ma il caso ha creato non pochi allarmi. Quello di Qwest sarebbe un ulteriore esempio di come l'industria dei contenuti stia utilizzando i provider come sceriffi della Rete. Paradiso non avrebbe ricevuto comunicazioni da parte dell'ISP e si sarebbe sentita particolarmente impotente davanti all'accaduto.

    La donna infatti si è chiesta cosa sarebbe successo se la redazione di CNET non fosse intervenuta. Preoccupata anche Electronic Frontier Foundation (EFF) che ha sottolineato come in questo caso non sia stata rispettata la presunzione d'innocenza dell'utente. Un semplice IP può davvero bastare per condannare un netizen all'esilio forzato dalla Rete?

    Mauro Vecchio
    http://www.casaportale.com/public/up...io_ditalia.pdf

    Spiacenti ---- è un moderatore/amministratore e non ti è consentito ignorarlo.
    ok, ma per ignorare solo al parte utonto ? quella che continua a scriver un mare di caxxate ?

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    • #3
      Re: AGCOM, può farvi chiudere internet

      bha ... soliti polveroni
      io investo in b.o.t. , bar ostarie troie ( epic cit. )
      il sottosterzo è quando vedi l'albero sul quale stai per andare a sbattere.
      quando l'albero non lo vedi, ma riesci solo a sentirlo, si chiama sovrasterzo.
      da Walter Röhrl
      Il pompino è l'unica cosa che anche se fatta col culo va bene lo stesso .

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      • #4
        Re: AGCOM, può farvi chiudere internet

        FAPAV a Telecom: fuori i nomi
        L'associazione antipirateria ha chiesto al provider di agevolare la repressione dei crimini effettuati a mezzo P2P. Dubbi del Garante della Privacy circa la validità delle prove fornite finora

        Roma - Gli avvocati di FAPAV si sono presentati nella sede del Tribunale Civile di Roma sventolando un atto di citazione con cui hanno chiesto a Telecom di "comunicare alle autorità di pubblica sicurezza tutti i dati idonei alla repressione dei reati", ovvero i nominativi dei cittadini italiani che si celano dietro alle centinaia di migliaia di indirizzi IP pizzicati a scaricare materiale protetto da copyright.

        Dal 2008 a oggi FAPAV ha accertato 2,2 milioni di download illegali servendosi dell'azienda francese CoPeeRight, la quale avrebbe rastrellato IP in barba però alle attuali norme sulla privacy: un passo falso su cui puntano invece gli avvocati di Telecom, affiancati dal Garante della Privacy.

        FAPAV non ha mai negato di raccogliere dati personali (IP compresi): se dovesse essere confermato l'uso di strumenti illeciti per fornire prove di download illegale, queste ultime non sarebbero più utilizzabili nel corso del dibattimento.
        Nel frattempo Telecom nella sua difesa ha ribadito di essere solo un fornitore di servizi Internet e di non potere monitorare e/o archiviare i dati relativi all'utilizzo fatto dai propri utenti: una linea condivisa anche dal Garante della Privacy.
        http://www.casaportale.com/public/up...io_ditalia.pdf

        Spiacenti ---- è un moderatore/amministratore e non ti è consentito ignorarlo.
        ok, ma per ignorare solo al parte utonto ? quella che continua a scriver un mare di caxxate ?

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