SCHIAVE DALL’EST ROMENA RIFIUTA LA STRADA, UN CONNAZIONALE LA SOTTOPONE A UN’ORRIBILE VIOLENZA
Il mostro stupra con la corazza
2/8/2006
di Massimo Numa
E’ difficile spiegare cosa è veramente accaduto, in quella mansarda all’ultimo piano di un condominio di via Sassari, traversa di corso Principe Oddone, senza scivolare in un film horror. C’è il racconto di Anna (nome di fantasia), una ragazza romena di 22 anni, studentessa di economia, originaria di Bacau, e l’indagine degli agenti del commissariato di Dora Vanchiglia che hanno ricostruito uno degli stupri più crudeli ed efferati mai avvenuti.
Un giorno Anna riceve una lettera da un’amica, da tempo a Torino: la invita in Italia, «dove si può lavorare in modo onesto», scrive. Invece è uno squallido piano, messo in cantiere dagli sfruttatori romeni, che arruolano anche così le schiave da sbattere sui viali e nelle «case» di San Salvario. Anna, non appena capisce qual era il tipo di lavoro a cui era destinata, e dopo avere ricevuto in regalo il kit da prostituta (minigonna, scarpe con il tacco a spillo e altro), si ribella e lascia l’alloggio dell’«amica».
Dunque, si ritrova una sera di qualche giorno fa sulle panchine di Borgo Dora, sola e decisa a ritornare in Romania. Ma il racket non abbandona così facilmente le sue «prede»: arrivano in due, la afferrano con violenza e la trascinano su un’auto. Ultima meta, le due stanze di via Sassari. «Volevano convincermi a prostituirmi, io ho detto ancora no. E lui mi ha violentata, massacrata». Lui si chiama Ovidiu Cochior, ha 34 anni, nato a Bacau, pregiudicato anche nel suo Paese, per rapine, furti, violenze sessuali; è in Italia, clandestino, da quasi tre anni, pare. Durante il periodo trascorso nelle celle di Bucarest, in un carcere di massima sicurezza, Piotr si fa tatuare tutto il corpo. Sul torace, il nome di una donna: «Cristina», poi aquile, teschi, altri nomi femminili, maledizioni, croci, volti di santi e preghiere. Ma - lo ha detto lui, mancano ovviamente riscontri -, un «chirurgo» del carcere, gli ha inciso la pelle del pene e gli ha inserito una decina di biglie di un metallo del tipo usato per il piercing, e quindi tollerato.
Un filo sottile le collega e impedisce alle sfere di muoversi. Sono «grandi come un’arachide», spiegano i poliziotti che hanno fotografato l’organo genitale dello stupratore (considerato la prova decisiva della sua colpevolezza) e lui persino se ne vanta. Ha spiegato di «essere molto ricercato» dalle signore, per questa sua caratteristica da Frankenstein del sesso estremo. Ma Anna, al contrario, dopo la «punizione», una specie di rito iniziatico che avrebbe lo scopo di convincere le più riottose, si ritrova pesta e dolorante in strada. Ha il coraggio, unica di chissà quante altre vittime di questo autentico mostro sadico, di andare dalla polizia e di denunciare i suoi aguzzini. La accompagnano subito in ospedale e i medici del Sant’Anna sono inorriditi per le lesioni, gravi e profonde. La prognosi è di un mese, ma ci vorranno tempo e terapie prima che la giovane donna possa ritenersi guarita, almeno fisicamente. Sul piano psichico, non si sa. E’ traumatizzata, sconvolta, e vuole tornare a casa. L’Italia, per lei, significa solo orrore.
Il vicequestore Francesco Costanzo, il dirigente del commissariato, usa ogni cautela per descrivere le fasi di questo film in apparenza impossibile. «Lo abbiamo preso anche per un po’ fortuna - dice -, un anno e mezzo fa lo stupratore era finito in una retata anti-clandestini. Per evitare di essere rimpatriato, si procurò una serie di autolesioni con una lametta. In ospedale fu curato e infine rispedito in Romania. Fu in quell’occasione che i sanitari si accorsero di quella singolare “operazione” al pene. Quando Anna ci ha descritto il suo aggressore, siamo andati a cercarlo a colpo sicuro».
meglio che non commento se no rischio il bannaggio a vita.......
Il mostro stupra con la corazza
2/8/2006
di Massimo Numa
E’ difficile spiegare cosa è veramente accaduto, in quella mansarda all’ultimo piano di un condominio di via Sassari, traversa di corso Principe Oddone, senza scivolare in un film horror. C’è il racconto di Anna (nome di fantasia), una ragazza romena di 22 anni, studentessa di economia, originaria di Bacau, e l’indagine degli agenti del commissariato di Dora Vanchiglia che hanno ricostruito uno degli stupri più crudeli ed efferati mai avvenuti.
Un giorno Anna riceve una lettera da un’amica, da tempo a Torino: la invita in Italia, «dove si può lavorare in modo onesto», scrive. Invece è uno squallido piano, messo in cantiere dagli sfruttatori romeni, che arruolano anche così le schiave da sbattere sui viali e nelle «case» di San Salvario. Anna, non appena capisce qual era il tipo di lavoro a cui era destinata, e dopo avere ricevuto in regalo il kit da prostituta (minigonna, scarpe con il tacco a spillo e altro), si ribella e lascia l’alloggio dell’«amica».
Dunque, si ritrova una sera di qualche giorno fa sulle panchine di Borgo Dora, sola e decisa a ritornare in Romania. Ma il racket non abbandona così facilmente le sue «prede»: arrivano in due, la afferrano con violenza e la trascinano su un’auto. Ultima meta, le due stanze di via Sassari. «Volevano convincermi a prostituirmi, io ho detto ancora no. E lui mi ha violentata, massacrata». Lui si chiama Ovidiu Cochior, ha 34 anni, nato a Bacau, pregiudicato anche nel suo Paese, per rapine, furti, violenze sessuali; è in Italia, clandestino, da quasi tre anni, pare. Durante il periodo trascorso nelle celle di Bucarest, in un carcere di massima sicurezza, Piotr si fa tatuare tutto il corpo. Sul torace, il nome di una donna: «Cristina», poi aquile, teschi, altri nomi femminili, maledizioni, croci, volti di santi e preghiere. Ma - lo ha detto lui, mancano ovviamente riscontri -, un «chirurgo» del carcere, gli ha inciso la pelle del pene e gli ha inserito una decina di biglie di un metallo del tipo usato per il piercing, e quindi tollerato.
Un filo sottile le collega e impedisce alle sfere di muoversi. Sono «grandi come un’arachide», spiegano i poliziotti che hanno fotografato l’organo genitale dello stupratore (considerato la prova decisiva della sua colpevolezza) e lui persino se ne vanta. Ha spiegato di «essere molto ricercato» dalle signore, per questa sua caratteristica da Frankenstein del sesso estremo. Ma Anna, al contrario, dopo la «punizione», una specie di rito iniziatico che avrebbe lo scopo di convincere le più riottose, si ritrova pesta e dolorante in strada. Ha il coraggio, unica di chissà quante altre vittime di questo autentico mostro sadico, di andare dalla polizia e di denunciare i suoi aguzzini. La accompagnano subito in ospedale e i medici del Sant’Anna sono inorriditi per le lesioni, gravi e profonde. La prognosi è di un mese, ma ci vorranno tempo e terapie prima che la giovane donna possa ritenersi guarita, almeno fisicamente. Sul piano psichico, non si sa. E’ traumatizzata, sconvolta, e vuole tornare a casa. L’Italia, per lei, significa solo orrore.
Il vicequestore Francesco Costanzo, il dirigente del commissariato, usa ogni cautela per descrivere le fasi di questo film in apparenza impossibile. «Lo abbiamo preso anche per un po’ fortuna - dice -, un anno e mezzo fa lo stupratore era finito in una retata anti-clandestini. Per evitare di essere rimpatriato, si procurò una serie di autolesioni con una lametta. In ospedale fu curato e infine rispedito in Romania. Fu in quell’occasione che i sanitari si accorsero di quella singolare “operazione” al pene. Quando Anna ci ha descritto il suo aggressore, siamo andati a cercarlo a colpo sicuro».
meglio che non commento se no rischio il bannaggio a vita.......
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