Un settimanale americano The Nation ha pubblicato questa settimana una inchiesta da brivido: 50 interviste con altrettanti reduci dall'Iraq hanno rivelato in raccapriccianti dettagli brutalita' commesse dai soldati Usa su civili iracheni.
Un cocktail letale di sventatezza, comportamenti distruttivi causati da paura e atti determinati di violenza a sangue freddo sarebbero costati la vita a migliaia di iracheni innocenti, hanno concluso gli investigatori del giornale. Secondo i soldati intervistati solo una minoranza delle truppe sono colpevoli di comportamenti aberranti ma il prezzo delle loro azioni e' stato enorme e, salvo rare eccezioni, gli abusi sono rimasti impuniti. Le inchieste sulla morte di civili sono rare: 'Non e' possibile indagare ogni volte che un civile viene ferito o ucciso perche' capita spesso e passeremmo tutto il tempo solo a far quello', ha detto il tenente dei marines Jonathan Morgenstein di Arlington in Virginia, a Ramadi (ovest di Baghdad) dall'agosto 2004 al marzo 2004.
La cultura della guerra di controinsurrezione in cui la maggior parte dei civili viene considerata ostile, rende difficile ai soldati simpatizzare con le vittime, al meno fino al momento di tornare a casa. I veterani, tutti identificati con nome e cognome, portano addosso profonde cicatrici emotive: molti di loro, rimpatriati, hanno avuto occasione di riflettere e sono passati a criticare la guerra. 'Mentre ero li', l'atteggiamento generale era che un iracheno morto e' l'ennesimo iracheno morto', ha detto il soldato Jeff Eglehart di Grand Junction in Colorado, per un anno a Baquba (nord est di Baghdad) per cui, come per altri, il senso di colpa ha messo radici solo dopo: 'Finche' eravamo li' pensavamo che eravamo in Iraq ad aiutare la gente ma la gente ci si rivoltava contro: era un tradimento'. Il risentimento di molti soldati contro gli iracheni e' stato confermato da un recente rapporto del Pentagono.
Solo 55 per cento dei soldati e il 40 per cento dei marines si e' detto pronto a denunciare un commilitone che abbia ucciso o ferito 'un iracheno innocente'; solo il 47 per cento dei soldati e il 38 per cento dei marines conviene che i civili vadano trattati con dignita' e rispetto. In alcuni casi l'inchiesta ha rivelato la perdita della bussola morale: una foto, tra le decine consegnate a The Nation durante l'inchiesta, mostra un soldato americano che finge di mangiare il cervello esploso dal cranio di un civile morto con un cucchiaio di plastica. Ma e' nei raid, migliaia di raid condotti per dar la caccia agli insorti che gli abusi e le brutalita' diventano routine impunita'. Nel caso 'frequente' in cui un civile venga ucciso non e' inconsueto che un soldato lasci un'arma vicino al cadavere e arresti i sopravvissuti accusandoli falsamente di aver partecipato alla insurrezione: 'Ogni bravo poliziotto porta un 'usa e getta'', ha detto Joe Hatcher, reduce del Quarto di cavalleria in Iraq: 'Serve nel caso in cui uccidi un civile disarmato'.
Poi nei film c'e li fanno vedere come eroi sta banda di infami aguzzini
!
Un cocktail letale di sventatezza, comportamenti distruttivi causati da paura e atti determinati di violenza a sangue freddo sarebbero costati la vita a migliaia di iracheni innocenti, hanno concluso gli investigatori del giornale. Secondo i soldati intervistati solo una minoranza delle truppe sono colpevoli di comportamenti aberranti ma il prezzo delle loro azioni e' stato enorme e, salvo rare eccezioni, gli abusi sono rimasti impuniti. Le inchieste sulla morte di civili sono rare: 'Non e' possibile indagare ogni volte che un civile viene ferito o ucciso perche' capita spesso e passeremmo tutto il tempo solo a far quello', ha detto il tenente dei marines Jonathan Morgenstein di Arlington in Virginia, a Ramadi (ovest di Baghdad) dall'agosto 2004 al marzo 2004.
La cultura della guerra di controinsurrezione in cui la maggior parte dei civili viene considerata ostile, rende difficile ai soldati simpatizzare con le vittime, al meno fino al momento di tornare a casa. I veterani, tutti identificati con nome e cognome, portano addosso profonde cicatrici emotive: molti di loro, rimpatriati, hanno avuto occasione di riflettere e sono passati a criticare la guerra. 'Mentre ero li', l'atteggiamento generale era che un iracheno morto e' l'ennesimo iracheno morto', ha detto il soldato Jeff Eglehart di Grand Junction in Colorado, per un anno a Baquba (nord est di Baghdad) per cui, come per altri, il senso di colpa ha messo radici solo dopo: 'Finche' eravamo li' pensavamo che eravamo in Iraq ad aiutare la gente ma la gente ci si rivoltava contro: era un tradimento'. Il risentimento di molti soldati contro gli iracheni e' stato confermato da un recente rapporto del Pentagono.
Solo 55 per cento dei soldati e il 40 per cento dei marines si e' detto pronto a denunciare un commilitone che abbia ucciso o ferito 'un iracheno innocente'; solo il 47 per cento dei soldati e il 38 per cento dei marines conviene che i civili vadano trattati con dignita' e rispetto. In alcuni casi l'inchiesta ha rivelato la perdita della bussola morale: una foto, tra le decine consegnate a The Nation durante l'inchiesta, mostra un soldato americano che finge di mangiare il cervello esploso dal cranio di un civile morto con un cucchiaio di plastica. Ma e' nei raid, migliaia di raid condotti per dar la caccia agli insorti che gli abusi e le brutalita' diventano routine impunita'. Nel caso 'frequente' in cui un civile venga ucciso non e' inconsueto che un soldato lasci un'arma vicino al cadavere e arresti i sopravvissuti accusandoli falsamente di aver partecipato alla insurrezione: 'Ogni bravo poliziotto porta un 'usa e getta'', ha detto Joe Hatcher, reduce del Quarto di cavalleria in Iraq: 'Serve nel caso in cui uccidi un civile disarmato'.
Poi nei film c'e li fanno vedere come eroi sta banda di infami aguzzini
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